Il fatto è che l’essere umano, intorno ai cinque anni di età si presenta come la miniatura di un universo perfetto: chiede il perché di tutto, tocca tutto, si offre a tutti, esplora incessantemente il mondo che lo circonda, si muove senza sosta, gioca, canta, si difende, si dispera fino a ottenere ciò che vuole e i suoi stessi comportamenti sono un’arte, in quanto coincidono perfettamente con ciò che sente, prova, afferma, desidera e nega.
Poi questo capolavoro vivente (qualsiasi sia la sua origine sociale) approda nello spazio scolastico e viene immediatamente sottoposto a secche restrizioni: lo obbligano a star seduto, non può esprimersi o intervenire se non quando ”tocca a lui”.
Poi, quando chino sul foglio si abbandona con gioia alla propria creatività e disegna ciuffi di ciliege di forma triangolare di un delicato color rosa, implacabilmente ”la maestra” fa notare che ”No piccolo mio, stai attento, le ciliege non sono triangolari, sono rotonde”.
La grande mano della maestra imprigiona la manina smarrita e obbliga a correggere i triangoli in altrettanti cerchi.
”Così… così… E poi non sono rosa, sono rosse. Le ciliege sono rosse!”.
E da quell’istante ha inizio il percorso della sfiducia in se stessi indispensabile per sottomettere ogni essere umano e fargli credere sia ineluttabile negare a se stesso il tempo del gioco e della vita.
Quando la sottomissione alla fine dell’esperienza scolastica sarà tale da subire con tremore e ossequio la tortura di esami insensati e vessatori, in cambio riceverà il diploma.
Maturo.
Maturo a sottomettersi per tutta la vita a un lavoro di otto o dieci ore al giorno, insomma un ergastolo vestito da ”necessità sociale”…
Poi questo capolavoro vivente (qualsiasi sia la sua origine sociale) approda nello spazio scolastico e viene immediatamente sottoposto a secche restrizioni: lo obbligano a star seduto, non può esprimersi o intervenire se non quando ”tocca a lui”.
Poi, quando chino sul foglio si abbandona con gioia alla propria creatività e disegna ciuffi di ciliege di forma triangolare di un delicato color rosa, implacabilmente ”la maestra” fa notare che ”No piccolo mio, stai attento, le ciliege non sono triangolari, sono rotonde”.
La grande mano della maestra imprigiona la manina smarrita e obbliga a correggere i triangoli in altrettanti cerchi.
”Così… così… E poi non sono rosa, sono rosse. Le ciliege sono rosse!”.
E da quell’istante ha inizio il percorso della sfiducia in se stessi indispensabile per sottomettere ogni essere umano e fargli credere sia ineluttabile negare a se stesso il tempo del gioco e della vita.
Quando la sottomissione alla fine dell’esperienza scolastica sarà tale da subire con tremore e ossequio la tortura di esami insensati e vessatori, in cambio riceverà il diploma.
Maturo.
Maturo a sottomettersi per tutta la vita a un lavoro di otto o dieci ore al giorno, insomma un ergastolo vestito da ”necessità sociale”…